Circa il 31% della popolazione italiana è iperteso e il 17% è borderline. Una percentuale che tuttavia non tiene in considerazione tutte le persone che non sono ancora consapevoli di essere ipertese. Numeri piuttosto alti, specie se si pensa che l’ipertensione è conosciuta anche come “killer silenzioso”, perché può anche non comportare alcun sintomo o può degenerare in complicanze anche molto gravi.
Secondo un recente rapporto dell’Oms, quattro persone su cinque non vengono adeguatamente trattate.
Diagnosticarla per tempo è quindi fondamentale, sia per gestirla nel migliore dei modi ,con trattamenti farmacologici e importanti cambiamenti nello stile di vita, sia per prevenire l’impatto che la malattia può avere sulla vita del paziente e sulle ricadute economico-sociali dell’intera comunità.
Ne parliamo con il dott. Domenico Spaziani, Cardiologo ed Elettrofisiologo del Cardio Center di Humanitas Mater Domini.
Come si misura la pressione arteriosa?
La pressione arteriosa si misura con uno sfigmomanometro al braccio, in condizioni di tranquillità e dopo adeguato riposo.
È definita da due numeri, registrabili al misuratore che indicano la pressione arteriosa sistolica – la cosiddetta pressione massima – e la diastolica – definita pressione minima.
Le più recenti Linee guida considerano ottimale una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg e una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg. Al di sopra dei 140 mmHg di massima e/o dei 90 mmHg di minima si parla di ipertensione arteriosa, quando invece è solo la massima ad essere alta (ovvero maggiore di 140 mmHg) si parla di ipertensione sistolica isolata.
Per valori di pressione tra 130 e 139 di sistolica e tra 85 e 89 di diastolica si parla di ipertensione borderline o più correttamente di ipertensione arteriosa normale-alta.
Quali possono essere le cause dell’ipertensione?
Nell’ipertensione primaria (o essenziale), che rappresenta circa il 90-95% dei casi, non esiste una causa precisa. Tuttavia, familiarità , per esempio genitori ipertesi, età, sedentarietà, obesità e una dieta scorretta , con un eccessivo consumo di sale e poca frutta e verdura, sono fattori di rischio che possono favorire la sua comparsa.
Nell’ipertensione secondaria, invece, che comprende circa il 5-10% dei casi, l’ipertensione è la conseguenza di altre patologie, che possono riguardare il sistema endocrino (come ipo o ipertiroidismo), i reni (come insufficienza renale cronica) o essere secondaria all’assunzione di farmaci (contraccettivi orali, farmaci antidolorifici, ecc.) o di altre sostanze (per esempio, droghe).
L’ipertensione, inoltre, può comparire anche durante una gravidanza e in questo caso si parla di preeclampsia o di eclampsia gravidica.
A quali conseguenze può portare l’ipertensione?
L’ipertensione, se non controllata, può mettere a rischio la funzione di diversi apparati. In particolare, gli ipertesi possono sviluppare:
· infarto
· ictus
· insufficienza renale
· problemi alla vista
. dilatazione aortica
· aterosclerosi
Se soffro di ipertensione devo andare dal medico?
In caso di ipertensione è necessario sottoporsi ad una visita specialistica. La valutazione clinica, infatti, consente di confermare la diagnosi e il grado di ipertensione, individuando eventuali cause secondarie e fattori di rischio che potrebbero aver contribuito allo sviluppo della patologia (stile di vita, farmaci, storia familiare, etc). La visita è inoltre in grado di verificare la presenza di eventuali problemi di natura cardiovascolare concomitanti.
Una volta diagnosticata l’ipertensione, lo specialista, potrà prescrivere esami di secondo livello, ad esempio, l’ecocardiogramma color doppler a riposo e impostare il trattamento più efficace per quel singolo paziente – la cosiddetta “ tailored therapy” – definendo follow up periodici con esami ematici e doppler dei tronchi sovraortici
La cura dell’ipertensione prevede quindi sia una terapia farmacologica che interventi sullo stile di vita: questi ultimi sono fondamentali non solo per ritardare la necessità dell’assunzione di farmaci, abbassando la pressione arteriosa, ma anche per il loro effetto sinergico sull’efficacia del trattamento stesso.
Trattare adeguatamente la pressione arteriosa, evitando le complicanze potenzialmente gravi, è importante per sé ma risulta fondamentale per abbassare il rischio cardiovascolare globale. Tale rischio rappresenta la probabilità che ognuno di noi ha di sviluppare una malattia a carico del cuore o dei vasi sanguigni nei prossimi cinque anni. Il calcolo è correlato ad alcuni fattori non eliminabili, quali l’età, la familiarità per cardiopatie e il sesso maschile.
Al contrario, è possibile incidere favorevolmente su condizioni “reversibili” con un adeguato inquadramento diagnostico e terapeutico: l’ipertensione arteriosa, il diabete, l’incremento del colesterolo nel sangue, l’abitudine al fumo, la sedentarietà e l’obesità. Controllando questi fattori è possibile ottenere una riduzione del rischio cardiovascolare stimato.
È possibile prevenire l’ipertensione?
Per mantenere la pressione sotto controllo, è necessario seguire quindi una dieta equilibrata (povera di sale, caffè e ricca di frutta e verdura di stagione), mantenere un peso corretto (il sovrappeso e l’obesità, costringono il cuore ad uno sforzo maggiore che può tradursi in ipertensione), svolgere attività fisica regolare, e controllare ansia e stress che possono incidere negativamente portando alla comparsa di ipertensione.
Quando tutto ciò non si rivela sufficiente, i valori pressori possono essere adeguatamente controllati mediante un trattamento farmacologico mirato al singolo paziente e alle sue comorbidità con farmaci efficaci e ben tollerati.
Fonti
https://www.eshonline.org/esh-content/uploads/2018/10/Download.pdf
https://www.who.int/teams/noncommunicable-diseases/hypertension-report