“La sera del 10 marzo mi hanno informata che sarei entrata in Terapia Intensiva: ero terrorizzata, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che da lì forse non sarei più uscita. Tra le lacrime ho chiamato le mie sorelle per salutarle, pensavo sarebbe stata l’ultima volta che avrei sentito la loro voce. Poi mi hanno addormentata. Stop, buio, nessun rumore, nessun dolore. So che i miei parenti erano costantemente aggiornati, ma la prognosi era dura “Non sappiamo se ce la farà”. Non era possibile che tutto questo stesse accadendo a me”.
Sono queste alcune delle toccanti parole tratte dall’ audio-racconto di Ida, la prima paziente dimessa dalla Terapia Intensiva di Humanitas Mater Domini, che ha voluto dar voce alla sua storia, ripercorrendo gli intensi giorni che l’hanno vista lottare contro il coronavirus.
Dall’inizio dei sintomi all’entrata in Terapia Intensiva, fino alla risalita verso il reparto di degenza, un lungo percorso di cura quello di Ida, che l’ha vista ricoverata all’Ospedale di Castellanza per oltre un mese e mezzo, passando due settimane in Terapia Intensiva.
“Il primo successo, le prime lacrime di gioia, la prima speranza per il futuro: Ida è stata per il nostro Ospedale la prima luce infondo al tunnel dall’inizio dell’emergenza. Per tutto il personale, Ida è un simbolo di vittoria al quale ne sono susseguite altre”, raccontano Davide Ghioldi e Laura Mansi, Coordinatori Infermieristici dei reparti in cui la donna è stata curata. Ida, che ora sta bene, ha lasciato mercoledì 22 aprile l’Ospedale per terminare il percorso in una struttura dedicata.
Humanitas Voice: le storie dal fronte della cura
L’audio, carico di emozioni e dal profumo di speranza, può essere ascoltato sul canale podcast “Humanitas Voice”, un grande diario vocale che raccoglie le storie dei professionisti Humanitas impegnati nella lotta al Coronavirus.
Gli audio, che possono essere ascoltati sulle principali piattaforme musicali, come Spreaker, Spotify e Deezer, raccolgono la testimonianza della fatica, ma anche dello stupore di vedere come l’emergenza abbia spinto ogni persona a dare il massimo per operare trasformazioni logistiche e organizzative mai viste prima: aprire nuovi reparti, con tutto il supporto tecnologico e umano necessario, gestire un fiume di pazienti spesso in condizioni critiche, ma anche le emozioni dell’autoisolamento per proteggere i propri cari. Sono storie di chi resiste e spera, aggrappandosi alle emozioni comunicate con gli occhi e ai sorrisi dei primi pazienti guariti.
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