Numerosi studi evidenziano che, se il dolore non viene controllato per un lungo lasso di tempo, le aree del cervello che elaborano questo sintomo diventano particolarmente ipersensibili e sviluppano quella che può essere definita “memoria del dolore” o “sensibilizzazione centrale e periferica del dolore”. Questa situazione può portare all’acutizzazione del dolore cronico tramite l’azione di vari mediatori biochimici e di una piccola proteina scoperta dalla Montalcini e nota come Nerve Growth Factor (NGF).
Cosa accade? I neuroni diventano più sensibili ai segnali sensoriali contribuendo all’aumento della percezione del dolore e, anche in presenza di stimoli minimi, la sensazione si amplifica e provoca disagio.
Ecco, dunque, che si crea il circolo vizioso: sopportare a lungo il dolore può rendere il sistema di percezione dello stesso particolarmente ipersensibile e creare così un meccanismo circolare.
Emicrania: a soffrirne 1 persona su 7
Pensate che 1 persona su sette nel mondo soffre di emicrania, ben 7-8 milioni solo in Italia.
Le donne, in particolare, sono i soggetti più colpiti: la proporzione rispetto al sesso maschile è di 3 a 1. Il dolore tipico dell’emicrania è spesso pulsante e tendenzialmente si presenta come dolore unilaterale e fortemente invalidante.
Il 70% dei pazienti non riesce a fare nulla durante l’attacco. Il 60% vive nella costante paura dell’insorgenza dei sintomi. Nella forma cronica può far perdere molti giorni di lavoro e giornate di vita sociale.
La cefalea, ma soprattutto l’emicrania, possono essere curate!
A rappresentare il futuro del trattamento del mal di testa potrebbero essere gli anticorpi monoclonali.
Si tratta di molecole che derivano principalmente o interamente da cellule umane e volte a bloccare la proteina CGRP, impedendo così l’innesco della crisi emicranica. Il CGRP è una piccola proteina che viene liberata dalle terminazioni trigeminali che innervano i vasi sanguigni meningei con conseguente vasodilatazione e innesco dell’attacco doloroso. Bloccando questa piccola proteina nei soggetti con emicrania si evita l’infiammazione e la dilatazione dei vasi sanguigni e si arresta la trasmissione del dolore.
Gli anticorpi monoclonali non si assumono quando insorge un attacco acuto di cefalea, ma sono una terapia preventiva, quindi mirata a ridurre la frequenza, intensità e durata degli attacchi emicranici nel corso del tempo.
Circa il 70% dei pazienti trattati con gli anticorpi riduce di almeno la metà il numero di episodi di emicrania
Il trattamento con gli anticorpi monoclonali è indicato in persone adulte che soffrono di emicrania per almeno 4 giorni al mese. Il trattamento consiste in un’iniezione sottocutanea (ad esempio nella coscia) tramite una siringa pre-riempita, che consente anche al paziente un’auto somministrazione del farmaco.
Per accedere al trattamento, occorre essere seguiti da un medico specialista. Durante una visita neurologica per cefalee valuterà, a seguito di un’attenta anamnesi, l’opportunità di essere sottoposto al trattamento.
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