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Perdite ematiche in menopausa: da cosa sono causate?

La comparsa di improvvise perdite di sangue in menopausa (rosso vivo, rosso intenso o di colore scuro) è spesso fonte di preoccupazione, di ansia e di disorientamento. La dott.ssa Greta Garofalo, ginecologa di Humanitas Mater Domini, spiega cosa sono e da cosa possono dipendere.

Cosa sono le perdite ematiche in menopausa?

Nella fase iniziale della perimenopausa, quando la donna manifesta i primi sintomi del passaggio dall’età fertile al climaterio, è possibile che, anche se le mestruazioni sono già cessate, si verifichino delle perdite di sangue, solitamente di colore scuro (marrone), in altri di colore rosso vivo o rosso intenso. Queste vengono definite “spotting in menopausa” e possono comparire anche dopo 12 mesi dall’ultimo ciclo.

Quando preoccuparsi per le perdite ematiche in menopausa?

È importante sottolineare che queste perdite ematiche non sono considerate normali se si verificano dopo 12 mesi dall’ultimo ciclo mestruale, momento in cui la donna è tecnicamente entrata in menopausa. In questi casi è importante consultare un ginecologo per escludere patologie gravi. Anche le perdite ematiche “eccessive”, sia in durata sia in quantità, durante la fase di transizione perimenopausale, devono essere valutate attentamente.

Quali sono le cause delle perdite ematiche in menopausa?

Tra le cause più comuni di perdite di sangue in menopausa ci sono:

  • Atrofia Vulvo Vaginale: è una delle cause più frequenti di perdite ematiche in menopausa ed interessa il 50% delle donne dopo i 50 anni. Questa condizione, spesso sottovalutata, è nota anche come vaginite atrofica. I sintomi includono: secchezza vaginale, dolore durante i rapporti sessuali, bruciore e prurito. Le perdite ematiche possono manifestarsi subito dopo o nei giorni seguenti un rapporto sessuale, come conseguenza della ridotta lubrificazione e della fragilità dei tessuti.
  • Infezione o infiammazioni: le alterazioni nel pH vaginale e nella flora batterica durante la menopausa possono portare a sanguinamenti.
  • Terapie ormonali: spesso prescritte per alleviare i sintomi della menopausa, possono essere associate a perdite ematiche come effetto collaterale. Questo può accadere specialmente se il dosaggio degli ormoni è troppo elevato o se l’assorbimento non avviene in modo corretto.

Durante la menopausa o la perimenopausa, la comparsa di perdite ematiche può essere la spia di patologie lievi e benigne, facilmente diagnosticabili durante una visita ginecologica con un esame pelvico ed ecografico ed efficacemente trattabili con terapie specifiche. Si tratta di:

  • Polipi endometriali: sono formazioni benigne che si sviluppano nell’endometrio, lo strato interno dell’utero. Questi polipi possono comparire nella fascia pre-menopausale (40-50 anni) e più raramente in menopausa. Sebbene siano asintomatici possono causare perdite di sangue. La diagnosi di polipi endometriali si esegue tramite una visita ginecologica con ecografia pelvica.
  • Iperplasie endometriali: costituiscono un gruppo di patologie di origine funzionale, basate essenzialmente su iperestrogenismo non bilanciato. Questa condizione porta alla formazione di ghiandole di forma e dimensioni irregolari all’interno dell’endometrio. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo delle iperplasie endometriali si includono:
    • Età: circa dopo i 45 anni, ovvero in età premenopausale, l’incidenza dell’iperplasia endometriale è maggiore a causa di squilibri ormonali dovuti ad un’attività ovarica non più regolare
    • Obesità e diabete
    • Esposizione prolungata (per cause farmacologiche) a terapie estrogeniche (soprattutto non bilanciate con progestinici)
    • Nulliparità, ovvero assenza di gravidanze
    • Lunga vita fertile, ovvero menarca precoce e menopausa tardiva

Anche in questo caso, un esame pelvico può portare ad una diagnosi certa e precoce che è importantissima, poiché si ritiene che l’iperplasia endometriale possa evolvere in tumore.

Patologie più gravi legate ad un sanguinamento anomalo possono essere:

  • Lesioni pretumorali e tumorali del collo dell’utero: in genere sono riconducibili ad alcuni ceppi di Papilloma Virus e possono essere individuate mediante screening di routine come il Pap test (esame citologico cervico vaginale) e l’HPV test. In caso di risultati sospetti, può essere necessaria una biopsia specifica. Se diagnosticate precocemente possono essere trattate con varie tecniche chirurgiche (anche mininvasive) e completa risoluzione della patologia.
  • Lesioni tumorali dell’endometrio: possono essere individuate tramite uno strumento diagnostico chiamato isteroscopia. Questa tecnica innovativa, non invasiva e indolore, è considerata la più adatta per l’esplorazione diretta della cavità uterina. Durante l’isteroscopia, un sottile tubicino metallico di circa 4 millimetri di diametro viene introdotto attraverso il collo dell’utero, permettendo al medico di osservare direttamente l’interno della cavità uterina e della base delle tube, eseguendo delle biopsie qualora ce ne fosse bisogno.

Fonti

Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240

Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

SIGO (SOCIETA’ ITALIANA DI GINECOLOGIA E OSTETRICIA)

SIEOG (SOCIETA’ ITALIANA DI ECOGRAFIA OSTETRICA E  GINECOLOGICA)

SIM (SOCIETA’ ITALIANA DI MENOPAUSA)

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