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Protesi d’anca: una nuova tecnica chirurgica “made in USA” garantisce un maggior rispetto dell’anatomia del paziente e una maggior precisione dell’impianto

Popolazione sempre più longeva e un conseguente aumento delle richieste di chirurgia protesica, tra cui quella d’anca, un intervento che nel corso degli anni si è innovato nelle tecnologie e tecniche per migliorare sempre di più la risposta alle esigenze dei pazienti.

È questo il principale obiettivo della chirurgia mininvasiva che, in questo tipo di operazione, oltre a garantire un minor impatto estetico della cicatrice, permette al chirurgo di risparmiare i tessuti della gamba (muscoli, tendini, terminazioni nervose), assicurando un più rapido e completo recupero della funzionalità dell’articolazione.

Ne è un esempio la tecnica bikini, una metodica che oggi si evolve in Humanitas Mater Domini cogliendo l’esperienza sul campo da oltre oceano, per una più accurata visione e accesso all’articolazione. Una nuova tecnica, l’ “AnteriorPath” che, sostituendo la precedente, permette allo specialista di rispettare ancor di più l’anatomia del paziente, accedere all’area di intervento con strumentazione all’avanguardia dalle piccole dimensioni e così ridurre le manovre chirurgiche e ulteriormente la dimensione della cicatrice

Protesi d’anca con tecnica bikini: che cos’è

La tecnica bikini è una prima evoluzione dell’approccio anteriore per l’impianto di protesi di anca: rispetto alla metodica tradizionale, infatti, la cicatrice – in senso obliquo – si colloca sulla piega dell’inguine e ha una dimensione di 10/12 cm. Diversamente dal taglio longitudinale, quello obliquo consente di avere una cicatrice che può essere completamente nascosta dalla biancheria intima o dal costume.

Se dal punto di vista psicologico il vantaggio estetico ricopre una peculiarità importante di questa tecnica, non bisogna dimenticare i benefici funzionali che, in linea generale, sono garantiti dall’approccio anteriore: partendo dall’evitare la sezione di tendini o muscoli, ne consegue una maggior stabilità dell’impianto, ridotte perdite di sangue, minor dolore post-operatorio, rapida ripresa delle attività quotidiane fino ai ridotti tempi di riabilitazione.

Maggior rispetto anatomico e una miglior visualizzazione dell’area chirurgica: la nuova tecnica chirurgica “made in USA” perfezionata dall’esperienza Humanitas

«Le due peculiarità della tecnica bikini (mininvasività e impatto estetico) si amplificano ulteriormente con la nuova metodica “AnteriorPath”», sottolinea il dottor Fabio Zerbinati, responsabile di Ortopedia e Traumatologia di Humanitas Mater Domini e specialista dei centri medici Humanitas Medical Care, che ha importato la tecnica da oltre oceano, studiandone le peculiarità, i vantaggi e affinandola grazie all’esperienza consolidata negli anni sull’accesso anteriore mininvasivo.

Rispetto alla prima tecnica, infatti, l’intervento viene eseguito attraverso 2 piccole incisioni (la prima di 6 centimetri e la seconda di circa 1 centimetro) che possono anch’esse essere facilmente coperte dagli indumenti.

A differenza della tecnica bikini tradizionale, in cui tutti gli strumenti e le manovre chirurgiche vengono eseguite attraverso un unico accesso con movimenti che dilatano il taglio chirurgico, in questo caso, l’intervento avviene attraverso due vie d’accesso.

Anche grazie all’uso di strumentazioni dalle ridotte dimensioni, lo specialista si trova ad intervenire sull’articolazione accedendo direttamente nella posizione più ottimale, così da avere una migliore visualizzazione del campo operatorio, ridurre i movimenti chirurgici, evitare di dilatare l’incisione principale e di coinvolgere i tessuti sottostanti (muscoli, tendini, vasi sanguigni, terminazioni nervose).

Se la prima incisione, infatti, permette di posizionare gli strumenti per preparare l’articolazione all’impianto, la seconda consente di introdurre una cannula, un portale secondario attraverso il quale vengono ancorati ulteriori strumenti utili all’intervento – tra cui quello che permette al chirurgo di perfezionare la posizione della protesi -, proprio nell’angolazione e posizione più corretta, senza costringere lo specialista a eseguire ulteriori manovre.

«I vantaggi della tecnica “AnteriorPath”, che può essere eseguita solo in caso di primo impianto e non di revisione della protesi, si sommano a quelli dell’intervento con accesso anteriore: intervenendo sull’articolazione nella sua sede più naturale, infatti, è possibile migliorare il posizionamento delle componenti, soprattutto nei pazienti in sovrappeso1; ottimizzare maggiormente la guarigione delle cicatrici2, viste anche le piccole dimensioni; ridurre ulteriormente le complicanze, come la sofferenza del nervo femoro-cutaneo; garantire un recupero più veloce3», conclude il dott. Zerbinati.


1 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38384138/

2 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38940984/

3 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29954218/

Specialista in Ortopedia e Traumatologia