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Tumore della prostata: sempre più vicina la diagnosi con il “naso elettronico”

Il prototipo sperimentale di naso elettronico, sviluppato da Humanitas in collaborazione con il Politecnico di Milano, è capace di diagnosticare il tumore attraverso un campione di urina con un’accuratezza dell’82%. I dati di performance sono stati pubblicati sull’International Journal of Urology

Diagnosticare il tumore della prostata attraverso una metodica non invasiva e con una maggiore accuratezza rispetto alle procedure diagnostiche tradizionali è una realtà sempre più vicina.

Lo confermano i dati di uno studio pubblicato dalla rivista scientifica International Journal of Urology, nel quale è stata testata l’efficacia del primo prototipo di naso elettronico che identifica la presenza della neoplasia a partire da un campione di urina, attraverso il riconoscimento di specifiche molecole volatili.

Diag-Nose – questo il nome del progetto da cui è nato un primo prototipo sperimentale – deriva dalla stretta collaborazione tra Humanitas e Politecnico di Milano. I risultati preliminari sono incoraggianti: l’esame identifica correttamente la presenza del tumore in pazienti malati nell’85,2% dei casi e risulta correttamente negativo nei pazienti sani nel 79,1% dei casi. Non solo. Il prototipo presenta ulteriori elementi significativi rispetto al tradizionale metodo della biopsia: oltre a essere un esame invasivo, la biopsia ha un tasso di falsi negativi piuttosto elevato nei tumori in fase precoce, dovuto al fatto che si preleva e analizza solo una piccola porzione dell’organo.

Lo studio

Lo studio è stato condotto da marzo 2020 a marzo 2021 in Humanitas Mater Domini, a Castellanza, e all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. Il progetto ha coinvolto 174 persone, divise in due gruppi: 88 pazienti con tumore alla prostata di diverso grado e stadio di progressione, confermato dall’esame istologico positivo, e 86 persone del gruppo definito di “controllo”, composto da soggetti femminili o da uomini di diversa età ma senza familiarità alla patologia e con visita ed esami (tra cui il PSA) negativi.

Per ogni persona è stato poi raccolto un campione di urina e analizzato presso i laboratori della prof.ssa Laura Capelli al Dipartimento di Chimica Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano. Il naso elettronico ha dimostrato di identificare correttamente come positive le persone con tumore nell’85,2% dei casi. L’accuratezza – ovvero la capacità di fare una diagnosi corretta, sia essa di negatività o positività – è dell’82,1%. Se si considerano solo gli uomini di età superiore ai 45 anni, la fascia di età più interessata dalla malattia, ma anche la più difficile da diagnosticare correttamente, l’accuratezza si attesta all’81%.

«La biopsia alla prostata è oggi il gold standard per la diagnosi del cancro di questa ghiandola. Nonostante la maggior precisione che oggi l’esame ha raggiunto grazie all’utilizzo delle immagini di risonanza magnetica nel guidare il prelievo di tessuto, il tasso di rilevamento del tumore raggiunge al massimo il 48,5%. Una percentuale significativamente inferiore rispetto a quella del naso elettronico che, oltre ad un’accuratezza diagnostica maggiore, limiterebbe il disagio e le complicanze per il paziente», spiega il promotore dello studio, il dott. Gianluigi Taverna, responsabile Urologia di Humanitas Mater Domini e medico-ricercatore dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas.

Diag-Nose: dallo studio sui cani del 2012 alla validazione clinica del prototipo

Il naso elettronico è l’evoluzione di uno studio ben più grande: condotto dal 2012 da Humanitas con la collaborazione del Centro Militare Veterinario di Grosseto (Cemivet) e patrocinato dallo Stato Maggiore della Difesa. Questa ricerca ha rivelato come i cani, debitamente addestrati, siano in grado di riconoscere il tumore della prostata annusando l’urina delle persone malate.

«La scoperta – racconta il dott. Taverna – ha certificato che il tumore della prostata produce delle sostanze organiche volatili specifiche, chiamate tecnicamente VOCs (Volatile Organic Compounds), che il cane è in grado di riconoscere con grande accuratezza. Abbiamo deciso di partire da questa potenzialità per sviluppare un dispositivo diagnostico ad alta tecnologia, che potesse entrare a far parte dell’attività clinica quotidiana».

Il naso elettronico sviluppato nell’ambito del progetto Diag-Nose, è dunque un prototipo nato dalla riproduzione dell’olfatto canino, realizzato grazie a una serie di sensori in grado di analizzare le sostanze volatili rilasciate nell’aria dai campioni di urina.

«Come per i cani, anche il naso elettronico ha attraversato una fase di training, condotta su circa 530 persone, che ha permesso agli ingegneri del Politecnico di Milano, alla Professoressa Laura Capelli e alla Dottoressa Carmen Bax, di affinare i parametri di analisi e di insegnare al device a distinguere se il campione di urina appartenesse a una persona sana o con tumore della prostata. Il successo di questo training è stato confermato dallo studio pubblicato sull’International Journal of Urology», precisa Fabio Grizzi, ricercatore presso i laboratori dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, dove è anche responsabile del servizio di istologia.

«Il progetto Diag-Nose è un bellissimo esempio dei risultati che si possono ottenere con un team multidisciplinare ed affiatato. Oltre ad avere vinto il primo premio “Disruptive Innovation” nella competizione S2P promossa da Politecnico, PoliHub e Deloitte nel 2019, oggi il progetto ha ricevuto un importante finanziamento POC da un fondo di Venture Capital per la validazione della macchina» commenta Laura Capelli, prof.ssa del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano.

«Perché il naso elettronico possa effettivamente entrare a far parte della pratica clinica quotidiana saranno però necessari ulteriori studi su larga scala, che ci permetteranno di confermare i risultati già ottenuti e approfondire il potenziale del prototipo. Il prossimo passo per rendere il naso elettronico una realtà, è dunque quello di validarlo coinvolgendo istituti clinici internazionali», concludono Gianluigi Taverna e Fabio Grizzi.